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 Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo

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El Capitan




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MessaggioTitolo: Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo   Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo Icon_minitime1Ven Feb 12, 2010 12:59 pm

Care forumiste e cari forumisti,

sono nuovo qui e vorrei segnalare il Buddhismo come filosofia di vita e non necessariamente come religione nel termine stretto della parola. Non ho alcun intento di elargire proseliti a destra e a manca, ma perseguo unicamente propositi divulgativi che si abbandonano senza opporre resistenza alla critica e alle considerazioni altrui. Per una ragione prettamente linguistica faccio capo a una pagina esplicativa della rete (Wikipedia) nell'intento di evitare errori grossolani o mancanze riprovevoli. Vi auguro una buona lettura. (sappiate che il materiale messo a disposizione da Wikipedia è accessibile a tutti e non è fatta valere alcuna pretesa inerente ai diritti d'autore).

Il Buddhismo (sanscrito buddha-śāsana), anche Buddismo[1], è una delle religioni più diffuse e tra le più antiche al mondo. Originato dagli insegnamenti di Siddhārtha Gautama, si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità (sanscrito Catvāri-ārya-satyāni). Con il termine Buddhismo si indica più in generale l'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato[2][3]. Sorto nel VI secolo a.C., a partire dall'India il Buddhismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente.

La parola Buddhismo è di recente coniatura, introdotta in Europa nel XIX secolo per riferirsi a ciò che è correlabile agli insegnamenti di Siddhārtha Gautama in quanto Buddha. In realtà un'unica parola per esprimere questo concetto non esiste in nessuno dei paesi asiatici originari di tale tradizione religiosa.[4] La traduzione dei termini originari letteralmente va intesa come "insegnamento del Buddha" (sanscrito buddha-śāsana, pāli buddha-sāsana, cinese 佛教 pinyin fójiào Wade-Giles fo-tsung, giapponese bukkyō, tibetano sangs rgyas kyi bka' , coreano 불교 pulgyo, vietnamita phật giáo). Originariamente "l'insegnamento del Buddha" si denominava come DharmaVinaya (pāli dhamma-vinaya, cinese 法律 fǎlǜ, giapponese hōritsu, tibetano chos 'dul ba, coreano 법률 pŏmnyul, vietnamita phật pháp), ma questa denominazione non ha avuto quella diffusione nelle lingue asiatiche diverse dal sanscrito quanto invece la denominazione buddha-śāsana. Altri termini sanscriti con cui viene indicato il Buddhismo, nella sua accezione di religione esposta dal Buddha Shakyamuni, sono: buddhânuśāsana, jinaśāsana, tathāgataśāsana, dharma, buddhânuśāsti, śāsana, śāstuḥ ma anche buddha-dharma e buddha-vacana.

La storia del Buddhismo inizia nel VI secolo a.C., con la predicazione di Siddhārtha Gautama. Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari paesi, epoche e culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale impronta indiana elementi culturali ellenistici, dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Sud-Est Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto di aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico. La storia del Buddhismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e scismi, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti attualmente esistenti sono la scuola Theravāda, le scuole del Mahāyāna e le scuole Vajrayāna.

All'origine ed a fondamento del Buddhismo troviamo le Quattro nobili verità. Si narra che il Buddha, meditando sotto l'albero della bodhi, le comprese nel momento del proprio risveglio spirituale [5].

Esse sono riportate nel Dhammacakkappavattana Sutta del Saṃyutta Nikāya del Canone pāli[6] e nel Canone cinese nello Záhánjīng (雜含經, giapp. Zōgon agonkyō, collocato nello Āhánbù, T.D. 99.2.1a-373b) che poi è la traduzione in cinese del testo sanscrito Saṃyuktāgama al cui interno è collocato il Dharmaçakrapravartana Sūtra.[7]

Questo è, sempre secondo la tradizione, il primo discorso del Buddha, tenuto nel parco delle gazzelle nei pressi di Sarnath vicino Varanasi (detta anche Benares) nel 528 a.C. ai suoi primi cinque discepoli, all'età di 35 anni, dopo che nei pressi del villaggio di Bodhgaya, nell'odierno stato del Bihar, aveva raggiunto il risveglio spirituale.

Questo discorso è quindi anche detto il "Discorso di Benares", fondamentale per il Buddhismo, che da questo prende le mosse, tanto dal farlo considerare l'evento che dà inizio al Dharma (sans., Dhamma, pāli), ossia la dottrina buddhista. La ricorrenza di questo evento è infatti oggi festeggiato nei paesi di tradizione theravāda con la festa di Magā Puja, il "giorno del Dhamma". Da altri è invece considerato il punto d'inizio della prima comunità buddhista, formata proprio da quei cinque asceti che lo avevano abbandonato anni prima sfiduciati, dopo essere stati a lungo suoi discepoli.

In questo discorso si identifica il Buddhismo come "La Via di Mezzo" (sanscrito Madhyamāpratipad, pāli Majjhimā pāṭipada) in cui si riconosce che la retta condotta risiede nella linea mediana di condotta di vita evitando tanto gli eccessi e gli assolutismi, quanto il lassismo e l'individualismo.

Nell'esposizione di questo insegnamento il Buddha enuncia le Quattro nobili verità, frutto del proprio risveglio spirituale testé raggiunto. Queste "Quattro Nobili Verità" contemplano l'aspetto pratico della condotta di vita e della pratica spirituale buddhista nel cosiddetto Nobile ottuplice sentiero, che costituisce il secondo cardine dottrinale del Buddhismo.

I punti salienti della visione buddhista della realtà percettiva indirizzata dall'insegnamento del Buddha, sono:

1. la dottrina della sofferenza o duḥkha (sans., dukkha, pāli), ossia che tutti gli aggregati (fisici o mentali) sono causa di sofferenza qualora li si voglia trattenere ed essi cessano, oppure si voglia separarsene ed essi permangono.
2. la dottrina dell'impermanenza o anitya (sans., anicca, pāli), ossia che tutto quanto è composto di aggregati (fisici o mentali) è soggetto alla nascita ed è quindi soggetto a decadenza ed estinzione con la decadenza ed estinzione degli aggregati che lo sostengono;
3. la dottrina dell'assenza di un io eterno e immutabile (ossia di un'anima), la cosiddetta dottrina dell'anātman (sans., anattā, pāli) come conseguenza di una riflessione sui due punti precedenti.

Tale visione è integrata nella:

* dottrina della coproduzione condizionata (sans. pratītyasamutpāda, pāli paṭicca samuppāda), ossia del meccanismo di causa ed effetto che lega l'uomo alle illusioni e agli attaccamenti che costituiscono la base della sofferenza esistenziale;
* dottrina della vacuità (sans. śunyātā, pāli: suññatā) che insiste sull'inesistenza di una proprietà intrinseca nei composti e nei processi che formano la realtà e sulla stretta interdipendenza degli stessi.

Un elemento importante del Buddhismo, riportata in tutti i Canoni, è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteratura religiosa vedica. Così nel Majjhima nikāya 100 II-212[8] dove al brahmano Sangarava che gli chiedeva se esistessero i Deva, il Buddha storico rispose: «I Deva esistono! È questo un fatto che io ho riconosciuto e su cui tutto il mondo è d'accordo». Sempre nei testi che raccolgono i suoi insegnamenti, testi riconosciuti tra i più antichi in assoluto e conservati sia nel Canone pāli che nel Canone cinese e che la storiografia contemporanea inquadra nel termine Āgama-Nikāya, il Buddha storico consiglia a due brahmana che, dopo aver dato da mangiare a uomini santi, si debba dedicare questa azione alle divinità (Deva) locali che restituiranno l'onore concesso loro assicurando il benessere dell'individuo (Digha-nikāya, 2,88-89[9]). È evidente, a partire da questi due antichi brani, la certezza da parte del Buddha storico che le divinità esistessero e andassero onorate. A differenza, tuttavia, delle altre correnti religiose dell'epoca, il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza dal Saṃsāra, né un significato ultimo della propria esistenza. Va precisato, peraltro, che non esiste, né è mai esistita alcuna scuola buddhista al mondo che affermi, o abbia affermato, l'inesistenza delle divinità. Tuttavia la totale mancanza di centralità delle divinità nelle pratiche religiose e nelle dottrine buddhiste di tutte le epoche ha fatto considerare, da parte di alcuni studiosi contemporanei, il Buddhismo come una religione 'atea' [10].

A questo quadro dottrinario, proprio del Buddhismo dei Nikāya e del Buddhismo Theravāda, il Buddhismo Mahāyāna aggiunge le dottrine esposte nei Prajñāpāramitā sūtra e nel Sutra del Loto. All'interno di questi insegnamenti la dottrina della vacuità (sans. śunyātā) acquisisce un ruolo assolutamente centrale in quanto rende correlate, nella Realtà ultima, tutte le altre realtà e dottrine. Questa unificazione nella vacuità, ovvero di privazione di sostanzialità inerente, fa dichiarare al patriarca del Mahāyāna, Nāgārjuna:
« Il saṃsara è in nulla differente dal nirvāna. Il nirvāna è in nulla differente dal saṃsara. I confini del nirvāna sono i confini del saṃsara. »

(Nāgārjuna, Mūla-madhyamaka-kārikā)

Per il Sutra del Loto inoltre
« A beneficio di chi cercava di diventare un ascoltatore della voce, il Buddha rispondeva esponendo la Legge delle Quattro Nobili Verità così che potesse trascendere nascita, vecchiaia , malattia e morte e ottenere il nirvana. A beneficio di chi cercava di diventare pratyekabuddha rispondeva la Legge della dodecupla catena di causalità. A beneficio del bodhisattva rispondeva esponendo le sei paramita, facendo ottenere loro l'anuttara-samyak-sambodhi e acquisire la saggezza onnicomprensiva[11]. »


Questa presentazione delle Quattro Nobili Verità nella parte più antica del Sutra del Loto indica che, secondo le dottrine esposte in questro Sutra e attribuite da questo testo allo stesso Buddha Śākyamuni, la dottrina delle Quattro Nobili Verità non esaurisce l'insegnamento buddhista il quale deve invece mirare all'anuttara-samyak-sambodhi ovvero all'illuminazione profonda e non limitarsi al nirvāṇa generato dalla comprensione delle Quattro Nobili Verità. Nel suo complesso anche il Sutra del Loto non insiste sulle dottrine del duḥkha (la sofferenza, la prima delle Quattro nobili verità) e dell' anitya (impermanenza dei fenomeni) quanto piuttosto su quelle dell' anatman e dello śūnyatā (assenza di sostanzialità inerente in tutti i fenomeni). Il Dharma esposto nei primi 14 capitoli del Sutra del Loto corrisponde alla verità dell'apparire dei fenomeni secondo la causazione che segue le dieci condizioni (o "talità", sanscrito tathata) descritte nel II capitolo del Sutra. Il Dharma profondo è quindi nella comprensione della causa dei fenomeni; la realizzazione spirituale, la bodhi profonda (l' anuttara-samyak-saṃbodhi), consiste nel comprendere questa "causa" dell'esistere, mentre la verità della sofferenza (duḥkha), come anche la dottrina dell'anitya, implica solo un giudizio. Nel Sutra del Loto non viene quindi enfatizzata la verità della sofferenza contenuta nelle Quattro nobili verità. Ecco perché quando il Buddha è sollecitato a insegnare la Legge "profonda" (nel II capitolo) non la esprime con la dottrina delle Quattro Nobili Verità (considerata nel Sutra come dottrina hīnayāna) ma la esprime secondo le dieci talità (o condizioni, sanscrito tathātā, dottrina mahāyāna)[12].
I fondamenti del Buddhismo Mahāyāna-Vajrayāna [modifica]

La terza grande corrente del Buddhismo oggi esistente, la corrente Vajrayāna (Veicolo del diamante), è essa stessa uno sviluppo del Buddhismo Mahāyāna. Alle dottrine proprie del Mahāyāna quali ad esempio la vacuità (śunyātā), karuṇā, la bodhicitta il Vajrayāna aggiunge, allo scopo di poter realizzare "in questo corpo e in questa vita" l'"illuminazione profonda", alcuni insegnamenti "segreti" denominati come tantra e riportati nella propria letteratura religiosa.

Vi ringrazio della vostra attenzione
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MessaggioTitolo: Re: Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo   Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo Icon_minitime1Sab Feb 13, 2010 1:40 pm

Cavoli.. ci volevi proprio qui!! lol!
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MessaggioTitolo: Re: Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo   Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo Icon_minitime1Sab Feb 13, 2010 1:46 pm

Come sei diventato Buddhista?
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MessaggioTitolo: Re: Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo   Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo Icon_minitime1Mar Feb 23, 2010 6:11 pm

Scusa la mia risposta in ritardo Freya,

sono diventato buddhista in seguito a un viaggio itinerante in Thailandia durato 6 mesi; ma la corrente che seguo è il Mahayarana, dunque tibetana.

Cari saluti
El Capitan
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MessaggioTitolo: Re: Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo   Toc, toc! Si può? Mi piacerebbe spendere qualche parola sul Buddhismo Icon_minitime1

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